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Turlupin
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Perutz, Leo

Turlupin

Milano : Adelphi, \2000!

Abstract: Novembre 1642: tutto è pronto per il colossale bagno di sangue in cui, nel giorno di San Martino, dovranno rotolare ben diciassettemila teste di nobili, per il grande macello dell'aristocrazia di Francia. Ma la macchina si inceppa e tutto finisce in una bolla di sapone. Come mai? Un uomo bislacco, un sognatore che mentre incipria o rabbercia parrucche ormai stanche vagheggia di avere origini altissime, un essere mezzo Arlecchino e mezzo Charlot, attraversa come una torpedine impazzita il gran disegno del Cardinale. Per contrastare i progetti dei Titani, il destino si serve del folle parrucchiere Tandréde Turlupin. Il quale, fantasticando di essere riconosciuto da nobil madre, finirà per diventare l'ultimo campione dell'aristocrazia morente.

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Veniva dalla bottega dell'arrotino ed era di cattivo umore proprio a causa dei mendicanti, perché quel giorno ne aveva già incontrati quattordici: storpi, vecchi, donne con poppanti attaccati al seno, come se avessero congiurato contro di lui, sedevano tutti lungo la sua strada e chiedevano l'elemosina. Aveva già distribuito loro tutte le sue monete di rame, e adesso in tasca gli era rimasto soltanto un pezzo d'argento da otto sous nuovo di zecca, e se ne dispiaceva.
Stava piovendo, già tutto il giorno era venuta giù la pioggia, il cielo era coperto di nuvole. Il vento spogliava delle ultime foglie avvizzite i rami di acero e di acacia che, sull'altra sponda della Senna, sporgevano da dietro i muri di giardini chiusi con cancelli. Tancrède Turlupin aveva freddo. Con i suoi vestiti bagnati fradici gli sarebbe piaciuto essere di nuovo a casa, nella bottega di barbiere, per scaldarsi accanto al focolare. Camminava velocemente, ma aveva appena messo piede sul ponte quando vide un altro mendicante, un uomo con una gamba di legno e una barba rossa e arruffata. Sedeva appoggiato alla ringhiera della scala, subito accanto ai gradini che conducevano all'isola, e teneva le gambe distese - si doveva per forza passargli davanti, non c'era rimedio, il ponte era troppo stretto per poterlo evitare.
Turlupin si fermò, e un'onda di rabbia e insieme di amarezza montò dentro di lui.
Ancora uno, il quindicesimo di questo dannato giorno! Mi hanno preso di mira, non cederanno prima di avermi cavato di tasca l'ultimo sou. Questo qui lo conosco, chiede l'elemosina anche vicino alle botteghe dei calzolai nella via del Capitolo del Duomo. Non è neppure vecchio, dovrebbe vergognarsi, ed è anche sano. Sminuzzare la legna, servono solo due braccia per sminuzzare la legna. Ma no, lui preferisce starsene seduto lì e succhiare denaro alla gente onesta; scommetto che gli farebbe comodo una moneta da otto sous. In due anni ne avrebbe abbastanza da potersi permettere dei lacchè e una carrozza. E io fatico tutto il giorno. Bella giustizia!
Indeciso e perplesso, Turlupin seguì con lo sguardo una barca che scendeva lentamente la Senna passando davanti ai mulini con il suo carico di botti vuote. - Indietro? No, non voleva tornare indietro. Sul ponte successivo ce n'era sicuramente un altro che aspettava seduto per terra. Turlupin proseguì. Aveva tirato fuori la sua moneta da otto sous e la teneva in mano.
Quandò però gli fu vicino, vide che il mendicante se ne stava seduto a occhi chiusi, sembrava dormire, ma con il berretto nella mano tesa chiedeva l'elemosina anche nel sonno. E Turlupin all'improvviso ebbe un'idea: avrebbe potuto fare uno scherzo al mendicante e risparmiare i suoi soldi sgattaiolando via senza essere visto. L'idea gli piacque. Silenzioso come un ratto, gli passò davanti velocemente e poi cominciò a correre. Corse a perdifiato, e solo quando fu sull'altra riva si fermò e si voltò indietro con uno sguardo timoroso.
Ma il mendicante non dormiva più. Si era rimesso in piedi, e appoggiato alla sua gruccia, in mezzo al ponte, seguiva con gli occhi il fuggitivo.
«Va' all'inferno, canaglia, e cercati lì uno che ti dia un pezzo da otto sous! » sibilò Turlupin spaventato e deluso, e andò furente per la sua strada. Quello non era un mendicante. Era un ciarlatano, un perdigiorno, un pagliaccio che non meritava elemosine. Fa finta di dormire! Imbroglia la gente! Roba da non credere!
Scosse il capo arrabbiato e scontento di se stesso, scacciò con un gesto della mano un pensiero fastidioso e si ripromise di dimenticare al più presto l'intera faccenda. Ma più si allontanava dal ponte, più si sentiva il cuore pesante. Sì, aveva ancora in tasca gli otto sous, ma in questo modo si era giocato per sempre l'aiuto di Dio, del quale aveva invece un gran bisogno. Dio era in collera con lui, Dio gli toglieva la sua protezione, e il brutto era che adesso anche le molte centinaia di sous fin lì distribuite in elemosina risultavano impiegate a vuoto, praticamente perse. Ora capiva di aver commesso una grande e imperdonabile sciocchezza. Ed era già nel vicolo degli Apostoli, quando decise di tornare al ponte e di riconciliarsi con Dio.

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