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Milano : Mondadori, 2013
Abstract: Filippo è un intellettuale che ha deciso di vivere in splendido ritiro, lontano da tutti. Dopo aver girato il mondo per insegnare ed essere scampato a un gravissimo linfoma, si è rifugiato per lavorare ai suoi libri in una casa sul lago. In questa solitudine, interrotta solo da qualche incontro galante, è convinto di aver raggiunto un accettabile equilibrio. Perciò, non è senza sconcerto che un giorno riceve una mail da parte di Isabella, la sua Isa, con cui non ha rapporti da sette anni. Tanto è il tempo passato da quando lei lo ha lasciato in un letto di ospedale. Sconcerto, e anche gioia e speranza, sentimenti che si accavallano, visto che Isabella continua a scrivergli, anche se non lo fa per parlare di sé, ma, parrebbe, per avere risposte alle tante domande rimaste in sospeso. Nei cinque mesi che trascorre mandando mail al suo amore ritrovato e aspettando di poter leggere le sue risposte, Filippo ha finalmente l'occasione di raccontare a Isa ciò che ha vissuto senza di lei e di riavviare l'interrotto discorso amoroso. Isabella, invece, è reticente a parlare di sé. Evasiva al punto da risultare ambigua, si mostra animata da un'estrema suscettibilità riguardo alle allusioni di Filippo ai loro trascorsi erotici e da una forte curiosità per il modo dell'uomo di relazionarsi con se stesso. Filippo vive male le ambiguità della donna, ambiguità che il rapporto inevitabilmente epistolare accentua, e che troveranno una spiegazione, se non una soluzione, solo a fine partita.
12 agosto 2015 alle 16:39
Il protagonista parla del suo gatto:
"... Ma il meglio di sè lo ha dato durante la mia convalescenza. Non mi ha lasciato solo un momento: se ero sveglio stava sveglio, se andavo in bagno veniva in bagno, se leggevo il giornale non si tuffava più tra le pagine per richiamare la mia attenzione: si accoccolava lungo la mia coscia e mi guardava. Mi guardava sempre. Una sera, mentre sonnecchiavo davanti al televisore, in un momento di malinconia più forte del solito cominciai a piangere silenziosamente. Teresa non se ne accorse. Lui, che mi stava sdraiato accanto, si sollevò sulle zampette posteriori e con quelle anteriori mi tolse, letteralmente mi tolse, gli occhiali, e tenendomi il viso prese affannosamente a strofinarmi il muso contro la faccia, finchè il mio pianto non si trasformò in una bella risata. Continò così, con questa totale disponibilità e queste continue attenzioni anche dopo che cominciai a sentirmi meglio. Un amico, più che un amico. ..."
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